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Il context engineering fa funzionare la GenAI in azienda: ecco come



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Il context engineering porta la GenAI oltre il prompt: progetta contesti, integra RAG, memoria e strumenti, adotta standard come MCP e rafforza sicurezza OWASP. Così gli LLM diventano affidabili in produzione, riducono allucinazioni, abilitano agenti e workflow, generando ROI misurabile

Pubblicato il 22 ott 2025

Anna Martucci

Project manager



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Quando parliamo con un’AI, il problema non è quasi mai “come chiediamo”, ma “che cosa mettiamo sul tavolo”. Il context engineering è l’arte di apparecchiare la scrivania dell’AI: le regole del gioco, i dati giusti al momento giusto, gli strumenti che può usare e il formato in cui vogliamo la risposta. Con un buon contesto, l’AI smette di improvvisare e inizia a lavorare come un collega affidabile.

Il nuovo paradigma, dal prompting alla consapevolezza contestuale

Le prime interazioni con i Large Language Models (LLM) hanno spesso prodotto risultati che, sebbene impressionanti, si sono rivelati generici, privi di coerenza o fattualmente inaccurati. Questo limite non rappresenta un fallimento intrinseco dell’intelligenza del modello, quanto piuttosto una carenza nell’ambiente informativo che gli viene fornito. Per superare questa barriera e costruire applicazioni AI affidabili, scalabili e realmente intelligenti, è emersa una nuova disciplina che va ben oltre la semplice arte di formulare domande: il context engineering.

Quest’ultimo segna un’evoluzione necessaria dalla “creazione di prompt” (prompt crafting) a una disciplina architettonica e sistematica, indispensabile per lo sviluppo di sistemi AI di livello enterprise. Questo passaggio trasforma il modello AI da uno strumento statico a un componente dinamico all’interno di un sistema informativo più ampio e complesso. La tesi fondamentale è che nelle applicazioni AI di produzione, in particolare nei sistemi agentici, il successo non è determinato dalla perfezione del singolo prompt, ma dalla qualità del contesto ingegnerizzato che lo circonda. Come ha notoriamente affermato Andrej Karpathy, si tratta della “delicata arte e scienza di riempire la finestra di contesto con le informazioni giuste per il passo successivo”[1].

Definizione di context engineering

Il context engineering può essere formalmente definito come la disciplina sistematica di progettazione, strutturazione e ottimizzazione dell’ecosistema informativo dinamico fornito a un modello di intelligenza artificiale al momento dell’inferenza, al fine di guidarne il ragionamento, garantirne il fondamento fattuale e ottenere risultati affidabili, personalizzati e contestualmente appropriati. Questa disciplina non si limita a fornire istruzioni, ma orchestra la creazione di un “pacchetto informativo” completo, una sorta di “spazio di lavoro mentale” per l’AI. Questo pacchetto include una molteplicità di elementi:

  • Istruzioni di sistema e linee guida comportamentali: regole operative, impostazione dell’AI e vincoli di sicurezza che ne definiscono il comportamento di base.
  • Dati utente, preferenze e cronologia delle interazioni: gestione della memoria a breve e lungo termine per creare esperienze personalizzate e coerenti.
  • Informazioni recuperate dinamicamente: dati provenienti da basi di conoscenza esterne come documenti, database o API, forniti in tempo reale.
  • Strumenti disponibili e loro output: definizioni di funzioni o API che l’AI può invocare per interagire con sistemi esterni, insieme ai risultati di tali chiamate.
  • Formati di output strutturati: schemi e modelli che guidano la formattazione della risposta, garantendo coerenza e interoperabilità.

L’obiettivo primario è trasformare l’AI da uno strumento imprevedibile a un partner affidabile, creando interazioni prevedibili e ripetibili che minimizzano l’ambiguità e massimizzano la pertinenza.

La triade dell’ottimizzazione AI: context engineering vs. prompt engineering vs. fine-tuning

Per ottimizzare le prestazioni degli LLM, gli sviluppatori hanno a disposizione tre tecniche fondamentali: prompt engineering, fine-tuning e context engineering. È cruciale comprendere che questi approcci non si escludono a vicenda, ma rappresentano strumenti complementari che vengono spesso combinati per ottenere risultati ottimali.

Prompt engineering

Il prompt engineering è l’atto tattico di creare un input specifico (il prompt) per ottenere una risposta desiderata all’interno di una singola interazione. Si concentra su come chiedere qualcosa al modello. Questa tecnica è ideale per la prototipazione rapida, per compiti isolati (“one-off”) e in scenari in cui non sono disponibili dati di addestramento. Tuttavia, presenta limiti intrinseci, come la dipendenza dalla dimensione della finestra di contesto, la potenziale inconsistenza dei risultati e l’incapacità di aggiungere nuova conoscenza permanente al modello.

Fine-tuning

Il fine-tuning è il processo di aggiornamento dei parametri interni (pesi) di un modello pre-addestrato, continuando l’addestramento su un dataset più piccolo e specifico per un determinato dominio. Questo processo “insegna” al modello una nuova abilità, un nuovo stile o una conoscenza specialistica. È la scelta preferita per compiti basati su pattern ricorrenti, in domini regolamentati come la sanità o la finanza che richiedono un controllo rigoroso sull’output, o per adottare un tono di voce specifico di un brand. Il suo principale svantaggio è l’elevato costo in termini di risorse: richiede grandi dataset di alta qualità e una notevole potenza di calcolo.

Context engineering

Il context engineering si posiziona come un approccio strategico e architetturale che governa ciò che il modello sa nel momento in cui genera una risposta. Si concentra sulla progettazione dell’intero sistema che assembla dinamicamente il contesto per ogni interazione, supportando flussi di lavoro multi-turno, stateful (con stato) e agentici. Funge da ponte, collegando il modello a fonti di informazione esterne e in tempo reale senza la necessità di alterarne i pesi.

La relazione tra queste tre tecniche non è una scelta esclusiva, ma una sequenza strategica che definisce un flusso di lavoro di sviluppo AI efficiente e scalabile. Il punto di partenza più logico, economico e rapido è quasi sempre il prompt engineering. Uno sviluppatore inizia cercando di risolvere un compito attraverso la formulazione di un prompt efficace. Se questo approccio fallisce, perché al modello mancano conoscenze specifiche, aggiornate o proprietarie (ad esempio, i dettagli dell’account di un utente o una policy aziendale recente), il problema non risiede nella capacità di ragionamento del modello, ma nella sua base di conoscenza. A questo punto, invece di intraprendere il costoso processo di fine-tuning per “insegnare” queste nuove informazioni, è molto più efficiente fornirle al momento dell’inferenza.

Questo è il punto di ingresso per il context engineering, e in particolare per la sua tecnica fondamentale, il Retrieval-Augmented Generation (RAG). Solo se, dopo aver fornito tutto il contesto necessario tramite RAG, il modello continua a non seguire un formato specifico, a non adottare una certa personality o a non comprendere un linguaggio di dominio altamente sfumato, allora il fine-tuning diventa un’opzione valida per modificare il comportamento di base del modello. Questo approccio gerarchico, iniziare con il prompt engineering, “aumentare” con il context engineering (RAG) e ricorrere al fine-tuning solo quando necessario per modifiche comportamentali specialistiche, costituisce il percorso ottimale per lo sviluppo di applicazioni AI.

Il pilastro fondamentale, “Retrieval-Augmented Generation” (RAG)

Il Retrieval-Augmented Generation (RAG) non è semplicemente una tecnica, ma il modello architetturale fondamentale del context engineering. Risolve il problema centrale di “ancorare” (grounding) gli LLM a informazioni fattuali, aggiornate e proprietarie, riducendo drasticamente le allucinazioni e aumentando l’affidabilità e la fiducia nel sistema. La pipeline RAG si articola in due fasi distinte: una fase di preparazione dei dati (build-time) e una fase di esecuzione (runtime).

Fase di build-time: indicizzazione della conoscenza

Questa fase, eseguita offline, prepara la base di conoscenza per il recupero efficiente.

Ingestione dei dati (Data Ingestion): il processo inizia con l’acquisizione di documenti da varie fonti, come repository documentali, database o API.

  • Preprocessing e Suddivisione (Chunking): i documenti vengono puliti e suddivisi in frammenti più piccoli e semanticamente coerenti, chiamati “chunk”. Questo passaggio è cruciale perché i documenti interi sono spesso troppo grandi per essere inseriti nella finestra di contesto di un LLM, e la suddivisione in chunk mirati migliora la pertinenza dei risultati del recupero.
  • Creazione degli embedding (Embedding): un modello di embedding trasforma ogni chunk di testo in un vettore numerico ad alta dimensionalità. Questo vettore cattura il significato semantico del testo, permettendo di confrontare i chunk in base al loro contenuto concettuale piuttosto che alle semplici parole chiave.
  • Indicizzazione (Indexing): gli embedding vettoriali, insieme ai chunk di testo corrispondenti e a eventuali metadati, vengono archiviati e indicizzati in un database specializzato, noto come database vettoriale.

Fase di esecuzione: recupero e generazione

Questa fase si attiva in tempo reale quando un utente interagisce con il sistema:

  • Interrogazione dell’utente: l’utente invia una richiesta (query) all’applicazione.
  • Embedding della query: lo stesso modello di embedding utilizzato nella fase di build-time converte la query dell’utente in un vettore.
  • Recupero (Retrieval): il sistema esegue una ricerca di similarità (ad esempio, utilizzando l’algoritmo Approximate Nearest Neighbor – ANN) nel database vettoriale. L’obiettivo è trovare i “top-K” chunk i cui vettori sono più vicini al vettore della query, indicando una maggiore pertinenza semantica.
  • “Aumento” del prompt (Augmentation): i chunk di testo recuperati vengono concatenati con la query originale dell’utente e le istruzioni di sistema per formare un nuovo prompt, arricchito e contestualizzato.
  • Generazione (Generation): questo prompt aumentato viene infine inviato al LLM. Il modello genera una risposta che non si basa solo sulla sua conoscenza pre-addestrata, ma è “ancorata” alle informazioni fattuali e specifiche fornite dai chunk recuperati.

Approfondimento tecnico: anatomia del recupero vettoriale

Per comprendere appieno il funzionamento del RAG, è utile approfondire i concetti tecnici che ne costituiscono il motore.

Dense vs. sparse embeddings: il linguaggio dei vettori


La rappresentazione vettoriale del testo è il cuore del recupero semantico. Esistono due approcci principali: Dense Embeddings e Sparse Embedding. I primi sono vettori a bassa dimensionalità (tipicamente 256–1536 dimensioni, talvolta qualche migliaio) in cui la maggior parte o tutti gli elementi sono non nulli. Generati da modelli neurali come BERT, questi vettori catturano il significato semantico del testo. Parole o frasi con significati simili (es. “automobile” e “vettura”) avranno vettori vicini nello spazio vettoriale, anche se non condividono parole. Questo li rende ideali per comprendere l’intento dell’utente e per ricerche concettuali. I secondi sono vettori ad altissima dimensionalità (decine di migliaia di dimensioni) in cui la stragrande maggioranza degli elementi è zero. Tecniche tradizionali come TF-IDF o BM25 producono vettori sparsi, dove ogni dimensione corrisponde a una parola specifica nel vocabolario. Questi vettori eccellono nella corrispondenza di parole chiave (lexical search) e sono molto interpretabili, ma faticano a cogliere sinonimi o sfumature contestuali. La tendenza attuale è verso la ricerca ibrida, che combina la precisione letterale dei vettori sparsi con la comprensione semantica dei vettori densi per ottenere risultati di recupero più robusti e pertinenti.

Ricerca vettoriale: algoritmi Approximate Nearest Neighbor (ANN)


Una volta che i dati sono stati trasformati in vettori, il problema diventa come trovare in modo efficiente i vettori più “vicini” a un dato vettore di query. Eseguire una ricerca esaustiva (confrontando la query con ogni singolo vettore nel database) è computazionalmente proibitivo per dataset di grandi dimensioni. La soluzione è l’Approximate Nearest Neighbor (ANN) search. Gli algoritmi ANN sacrificano una minima parte di accuratezza per un enorme guadagno in velocità, trovando vettori che sono “abbastanza vicini” anziché garantire il vicino esatto. Un algoritmo ANN all’avanguardia è HNSW (Hierarchical Navigable Small World), che costruisce una struttura a grafo multilivello per navigare nello spazio vettoriale in modo estremamente efficiente, riducendo drasticamente il numero di confronti necessari. Per abilitare la ricerca ANN, i database vettoriali utilizzano strategie di indicizzazione per organizzare i dati. Le due più comuni sono IVF (Inverted File) e HNSW (Hierarchical Navigable Small World). Il primo metodo partiziona lo spazio vettoriale in un numero predefinito di cluster utilizzando un algoritmo come K-means. Ogni vettore viene assegnato al cluster più vicino. Durante la ricerca, il sistema identifica solo i cluster più vicini alla query e cerca al loro interno, ignorando la maggior parte del dataset. Il secondo, come accennato, HNSW, costruisce un grafo gerarchico. La ricerca inizia dal livello più alto e rado, avvicinandosi progressivamente alla destinazione, per poi scendere ai livelli inferiori e più densi per affinare la ricerca. Questo approccio è generalmente più veloce e accurato di IVF, ma richiede più memoria per memorizzare la struttura del grafo.

Metriche di distanza: cosine similarity vs. euclidean distance


Per definire la “vicinanza” tra due vettori, si utilizzano metriche di distanza. Le due più comuni sono: euclidean distance e cosine similarity. Con la prima si misura la distanza in linea retta tra due punti (le estremità dei vettori) nello spazio n-dimensionale. È sensibile sia alla direzione che alla magnitudine (lunghezza) dei vettori. La seconda misura il coseno dell’angolo tra due vettori. Si concentra esclusivamente sulla direzione (orientamento) dei vettori, ignorandone la magnitudine. Un valore di 1 indica che i vettori puntano nella stessa direzione (massima similarità), 0 che sono ortogonali e -1 che sono opposti. Per i dati testuali e gli embedding ad alta dimensionalità, la cosine similarity è quasi sempre la scelta preferita, poiché la direzione del vettore cattura il significato semantico, mentre la sua lunghezza è spesso irrilevante o può addirittura essere fuorviante. Se si usa cosine con indici che implementano dot/inner-product, avviene la normalizzazione L2 dei vettori, così che i coseni equivalgono al prodotto interno.

I database vettoriali stanno anche integrando di default tecniche di compressione/quantizzazione per ridurre costi e latenza senza sacrificare il recall.

Strategie avanzate di context engineering

Mentre il RAG costituisce il fondamento, il context engineering si estende a strategie più sofisticate per creare sistemi AI veramente intelligenti e interattivi. Queste tecniche trasformano l’AI da un semplice risponditore di domande a un agente capace di ricordare, ragionare e agire.

Costruire la memoria: dallo stato di sessione alla conoscenza persistente

Per superare i limiti delle interazioni isolate (“single-shot”), è essenziale dotare i sistemi AI di memoria. La memoria è ciò che permette conversazioni coerenti, personalizzazione e un senso di continuità, trasformando un’interfaccia statica in un’esperienza dinamica.

  • Memoria a breve termine: gestisce il contesto all’interno di una singola sessione. La forma più semplice è la cronologia della conversazione. Per gestire i limiti della finestra di contesto, si utilizzano tecniche come buffer scorrevoli (ConversationBufferMemory) o la sintesi automatica dei turni di conversazione precedenti, preservando le informazioni chiave in un formato compatto.
  • Memoria a lungo termine: mantiene le informazioni attraverso sessioni multiple, costruendo una conoscenza persistente sull’utente (es. preferenze, acquisti passati, obiettivi). Questo spesso implica l’archiviazione di fatti chiave o profili utente in un database (relazionale o vettoriale) e il loro recupero dinamico all’inizio di una nuova interazione. Piattaforme avanzate, come Zep, automatizzano questo processo costruendo “grafi di conoscenza temporali” che evolvono con ogni interazione dell’utente, catturando non solo i fatti ma anche come cambiano nel tempo.

Ragionare su dati strutturati con i knowledge graph (KG)

Un limite noto degli LLM è la loro difficoltà nel gestire dati altamente strutturati e interconnessi, dove le relazioni sono precise e deterministiche. Mentre la ricerca vettoriale è eccellente per trovare testo semanticamente simile, fallisce in compiti che richiedono una comprensione esplicita delle relazioni.

I knowledge graph (grafi di conoscenza) emergono come una tecnica potente per il context engineering, rappresentando la conoscenza come una rete di nodi (entità) e archi (relazioni). I KG risolvono problemi critici quando la ricerca vettoriale da sola è insufficiente:

  • Distinzione: distinguono tra entità con nomi simili ma significati diversi. Ad esempio, un KG può differenziare “Reddit” la piattaforma social dall’omonimo cliente aziendale, un compito in cui un LLM potrebbe facilmente confondersi.
  • Ragionamento multi-hop: rispondono a domande complesse che richiedono di attraversare più relazioni nel grafo. Una query come “elenca tutti i progetti guidati dal manager X che sono stati rilasciati nel primo trimestre” è quasi impossibile da risolvere con la sola ricerca semantica su testo non strutturato, ma è un’operazione nativa per un KG.

L’integrazione dei KG dà vita al Graph RAG, un modello avanzato di RAG che non si limita a recuperare chunk di testo isolati, ma estrae sotto-grafi di entità e relazioni interconnesse, fornendo al LLM un contesto molto più ricco, strutturato e accurato per il ragionamento.

Approfondimento tecnico: gli standard del web semantico

I knowledge graph si basano su un insieme di standard del W3C noti come web semantico, che forniscono un framework rigoroso per rappresentare e interrogare la conoscenza strutturata.

  • RDF (Resource Description Framework): è il modello di dati di base. Tutta la conoscenza è rappresentata come un insieme di triple nella forma soggetto-predicato-oggetto. Ad esempio, (Roma, è_capitale_di, Italia). Questo formato semplice e flessibile permette di creare grafi di conoscenza interconnessi.
  • OWL (Web Ontology Language): è un linguaggio per definire ontologie, ovvero modelli formali di conoscenza. Basato su RDF, OWL permette di definire classi (es. Persona), proprietà (es. haFiglio) e vincoli logici (es. una persona non può essere figlia di sé stessa). Questo arricchisce il grafo con una semantica formale e abilita il ragionamento inferenziale, dove il sistema può dedurre nuova conoscenza non esplicitamente dichiarata.
  • SPARQL (SPARQL Protocol and RDF Query Language): è il linguaggio di interrogazione standard per i grafi RDF, analogo a SQL per i database relazionali. Le query SPARQL permettono di estrarre pattern di triple dal grafo, consentendo di porre domande complesse che attraversano molteplici relazioni.

Oltre il recupero: uso di strumenti e workflow engineering

Le strategie più avanzate di context engineering trasformano gli agenti AI da semplici “pensatori” a “esecutori”. Ciò si ottiene fornendo loro strumenti (API o funzioni) che possono invocare per interagire con il mondo esterno, leggere dati in tempo reale o eseguire azioni.

  • Selezione di strumenti per la comprensione del contesto: il sistema deve fornire all’agente un elenco degli strumenti disponibili e una descrizione chiara del loro funzionamento e dei loro parametri. L’agente utilizza quindi il contesto della conversazione corrente per decidere quale strumento, se presente, è più appropriato da utilizzare. Una sfida chiave del context engineering è gestire il numero e la verbosità delle descrizioni degli strumenti per non sovraccaricare la finestra di contesto del modello.
  • Workflow engineering: per compiti complessi e multipasso, come pianificare un viaggio, una singola chiamata al LLM è del tutto inadeguata. Il Workflow Engineering scompone il compito in una sequenza di passaggi logici (un grafo di operazioni), dove ogni passaggio ha una propria finestra di contesto attentamente ingegnerizzata. Framework di sviluppo, come LangGraph, sono progettati specificamente per questo scopo, gestendo lo stato e orchestrando il flusso di informazioni tra chiamate al LLM, recupero di dati e uso di strumenti.

Questo approccio segna un cambiamento fondamentale nel modo in cui vengono progettati i sistemi AI avanzati. Invece di tentare di creare un unico prompt monolitico e onnisciente, si progetta un’architettura cognitiva modulare. Un sistema RAG semplice è un processo lineare a due fasi: recupero e generazione. Un compito complesso, come prenotare un viaggio con più tappe, richiede invece un’architettura più sofisticata: deve controllare la disponibilità dei voli (uno strumento), verificare la disponibilità degli hotel (un altro strumento), mantenere le prenotazioni in sospeso (gestione dello stato) e confermare con l’utente (interazione). Tentare di gestire tutto questo in un unico prompt in continua espansione è inefficiente e destinato a fallire a causa della degradazione del contesto e della distrazione del modello. La soluzione architetturale è un sistema in cui componenti distinti gestiscono funzioni cognitive diverse. Il LLM agisce come il nucleo di ragionamento, ma opera all’interno di un flusso di lavoro strutturato che gli fornisce solo il contesto strettamente necessario per ogni specifico sotto-compito. Di conseguenza, il futuro degli agenti IA avanzati non risiede in LLM sempre più grandi, ma in architetture cognitive migliori. Il context engineering è la disciplina che progetta queste architetture, trattando l’LLM come un componente potente ma specializzato all’interno di un sistema più ampio che include memoria dedicata, I/O e un’unità di controllo.

I sistemi più avanzati, per esempio, incorporano meccanismi di reasoning e verification che vanno oltre il semplice uso di strumenti. Pattern come ReAct (Reasoning + Acting), Tree-of-Thoughts e Graph-of-Thoughts permettono agli agenti di scomporre problemi complessi, valutare alternative e verificare la coerenza delle risposte prima di produrre l’output finale. Questi pattern stanno diventando standard in applicazioni enterprise dove l’accuratezza è critica.

Standardizzare l’interazione: il model context protocol (MCP)

Mentre l’uso di strumenti e i workflow complessi diventano la norma per gli agenti AI avanzati, è emersa una sfida fondamentale: la mancanza di uno standard universale per la comunicazione tra i modelli AI e i sistemi esterni. Ogni integrazione con un nuovo database, API o applicazione richiedeva la creazione di connettori personalizzati, portando a un problema di integrazione “N×M” insostenibile, dove ogni modello (M) necessitava di un connettore specifico per ogni strumento (N). Per migliorare questa frammentazione, nel novembre 2024 Anthropic ha presentato il Model Context Protocol (MCP), un framework open-source e uno standard aperto progettato per universalizzare il modo in cui i sistemi AI si connettono e interagiscono con fonti di dati e strumenti esterni. Definito come una sorta di “porta USB-C per le applicazioni AI”, lo MCP fornisce un’interfaccia standardizzata che astrae la complessità delle singole integrazioni. Lo standard ha rapidamente guadagnato terreno, con l’adozione da parte di attori chiave come OpenAI, segnalando un movimento a livello di settore verso l’interoperabilità.

L’architettura MCP si basa su un modello client-server:

  • MCP Host: l’applicazione AI che ospita il LLM (ad esempio, un IDE, un’app desktop come Claude Desktop).
  • MCP Client: un connettore all’interno dell’host che gestisce la comunicazione tra l’LLM e i server esterni.
  • MCP Server: un programma leggero che “espone” dati e funzionalità da sistemi esterni. Questi server possono connettersi a database (es. PostgreSQL), file system locali o API remote (es. GitHub, Slack).

Attraverso questo protocollo, un server MCP rende disponibili tre tipi di “primitive” all’agente AI:

  • Risorse (Resources): dati di sola lettura che l’AI può consultare, come il contenuto di un file o i risultati di una query di database.
  • Strumenti (Tools): funzioni che l’AI può eseguire (previa approvazione dell’utente) per compiere azioni, come inviare un messaggio su Slack o creare un issue su GitHub.
  • Prompt: modelli preconfigurati che guidano l’utente o l’AI nell’utilizzo efficace di risorse e strumenti.

L’impatto dello MCP è profondo: semplifica drasticamente lo sviluppo, consentendo agli sviluppatori di costruire un singolo server MCP per un’applicazione (es. Salesforce) che può poi essere utilizzato da qualsiasi modello AI compatibile, riducendo il vendor lock-in. In ambito enterprise, aziende come Block lo utilizzano per connettere in modo sicuro gli assistenti interni a basi di conoscenza proprietarie e CRM. Negli strumenti per sviluppatori, piattaforme come Sourcegraph e Replit lo adottano per fornire agli assistenti di codifica un accesso in tempo reale e contestualizzato all’intera codebase di un progetto. Standardizzando il dialogo tra l’intelligenza e l’azione, l’MCP rappresenta un passo cruciale verso la creazione di ecosistemi AI più modulari, sicuri e interoperabili.

Da non sottovalutare le emergenti vulnerabilità emergenti per MCP. Alcune ricerche 2025 hanno rivelato che circa 7.000 server MCP sono stati trovati mal configurati sul web, rappresentando quasi la metà del totale deployato e esponendo gli utenti ad attacchi informatici. Questa scoperta sottolinea l’urgenza critica di implementare le best practice di sicurezza fin dall’adozione iniziale dell’MCP, particolarmente in ambienti enterprise dove i server potrebbero esporre dati sensibili o funzionalità mission-critical.

Focus sulla sicurezza: analisi delle vulnerabilità (OWASP top 10 per LLM 2025)

Quando colleghiamo un modello a basi di conoscenza, memorie e strumenti, non stiamo solo potenziando l’AI: stiamo anche ampliando la superficie d’attacco. L’OWASP Top 10 per applicazioni basate su LLM 2025 offre una buona mappa di questi rischi. Qui vediamo come emergono in un sistema di context engineering e quali principi pratici adottare; le misure operative complete sono nella sezione 3.7.

LLM01 – Prompt Injection

Una vulnerabilità di tipo prompt injection si verifica quando i prompt dell’utente alterano il comportamento o l’output dell’LLM in modi non intenzionali. Questi input possono influenzare il modello anche se sono impercettibili all’uomo; pertanto, i prompt injection non devono necessariamente essere visibili/leggibili dall’uomo, purché il contenuto venga analizzato dal modello.

LLM02 – Sensitive Information Disclosure

Le informazioni sensibili possono influire sia sul modello LLM che sul suo contesto di applicazione. Queste includono informazioni di identificazione personale (PII), dettagli finanziari, cartelle cliniche, dati aziendali riservati, credenziali di sicurezza e documenti legali. I modelli proprietari possono anche avere metodi di addestramento e codici sorgente unici considerati sensibili, specialmente nei modelli chiusi o di base.

LLM03 – Supply Chain

Le catene di fornitura LLM sono soggette a varie vulnerabilità che possono compromettere l’integrità dei dati di addestramento, dei modelli e delle piattaforme di implementazione. Questi rischi possono causare risultati distorti, violazioni della sicurezza o guasti del sistema. Mentre le vulnerabilità del software tradizionale si concentrano su problemi quali difetti del codice e dipendenze, nel ML i rischi si estendono anche ai modelli e ai dati pre-addestrati di terze parti. Questi elementi esterni possono essere manipolati attraverso attacchi di manomissione o avvelenamento.

LLM04 – Data and Model Poisoning

L’avvelenamento dei dati si verifica quando il pre-addestramento, l’ottimizzazione o l’incorporamento dei dati vengono manipolati per introdurre vulnerabilità, backdoor o distorsioni. Questa manipolazione può compromettere la sicurezza del modello, le prestazioni o il comportamento etico, portando a risultati dannosi o capacità compromesse. I rischi comuni includono prestazioni del modello degradate, contenuti distorti o tossici e sfruttamento dei sistemi a valle.

LLM05 – Improper Output Handling

La gestione impropria degli output si riferisce specificatamente alla convalida, alla sanificazione e alla gestione insufficienti degli output generati dai modelli linguistici di grandi dimensioni prima che questi vengano trasmessi a valle ad altri componenti e sistemi. Poiché i contenuti generati dai modelli linguistici di grandi dimensioni possono essere controllati tramite input prompt, questo comportamento è simile a fornire agli utenti un accesso indiretto a funzionalità aggiuntive. La gestione impropria dell’output differisce dall’eccessiva dipendenza in quanto riguarda gli output generati da LLM prima che vengano trasmessi a valle, mentre quest’si concentra su questioni più ampie relative all’accuratezza e all’adeguatezza degli output LLM. Lo sfruttamento riuscito di una vulnerabilità di gestione impropria dell’output può causare XSS e CSRF nei browser web, nonché SSRF, escalation dei privilegi o esecuzione di codice remoto sui sistemi backend.

LLM06 – Excessive Agency

Un sistema basato su LLM spesso riceve dal suo sviluppatore un certo grado di autonomia, ovvero la capacità di richiamare funzioni o interfacciarsi con altri sistemi tramite estensioni (talvolta denominate strumenti, competenze o plug-in da diversi fornitori) per intraprendere azioni in risposta a un comando. La decisione su quale estensione richiamare può anche essere delegata a un LLM agentico che la determina dinamicamente in base al prompt di input o all’output LLM. I sistemi basati su agenti in genere effettuano chiamate ripetute a un LLM utilizzando l’output delle invocazioni precedenti per fondare e dirigere le invocazioni successive. L’eccessiva autonomia è la vulnerabilità che consente di eseguire azioni dannose in risposta a output imprevisti, ambigui o manipolati da un LLM, indipendentemente da ciò che causa il malfunzionamento dello LLM.

LLM07 – System Prompt Leakage

La vulnerabilità di fuga delle istruzioni di sistema negli LLM si riferisce al rischio che le istruzioni di sistema utilizzate per guidare il comportamento del modello possano contenere anche informazioni sensibili che non dovevano essere scoperte. Le istruzioni di sistema sono progettate per guidare l’output del modello in base ai requisiti dell’applicazione, ma possono contenere inavvertitamente informazioni riservate. Una volta scoperte, queste informazioni possono essere utilizzate per facilitare altri attacchi. È importante comprendere che il prompt di sistema non deve essere considerato un segreto, né deve essere utilizzato come controllo di sicurezza. Di conseguenza, i dati sensibili come credenziali, stringhe di connessione, ecc. non devono essere contenuti nel linguaggio del prompt di sistema.

LLM08 – Vector and Embedding Weaknesses

Le vulnerabilità dei vettori e degli embedding rappresentano rischi significativi per la sicurezza nei sistemi che utilizzano la generazione aumentata dal recupero (RAG) con modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM). Le debolezze nel modo in cui i vettori e gli embedding vengono generati, archiviati o recuperati possono essere sfruttate da azioni dannose (intenzionali o non intenzionali) per inserire contenuti dannosi, manipolare i risultati dei modelli o accedere a informazioni sensibili.

LLM09 – Misinformation

Le informazioni errate fornite dai modelli LLM rappresentano una vulnerabilità fondamentale per le applicazioni che si basano su questi modelli. Le informazioni errate si verificano quando i modelli LLM producono informazioni false o fuorvianti che sembrano credibili. Questa vulnerabilità può portare a violazioni della sicurezza, danni alla reputazione e responsabilità legale. Una delle cause principali della disinformazione è l’allucinazione, ovvero quando il LLM genera contenuti che sembrano accurati ma sono inventati. Le allucinazioni si verificano quando gli LLM colmano le lacune nei loro dati di addestramento utilizzando modelli statistici, senza comprendere veramente il contenuto. Di conseguenza, il modello può produrre risposte che sembrano corrette ma sono completamente infondate. Sebbene le allucinazioni siano una delle principali fonti di disinformazione, non sono l’unica causa; anche i pregiudizi introdotti dai dati di addestramento e le informazioni incomplete possono contribuire.

LLM10 – Unbounded Consumption

L’inferenza è una funzione fondamentale degli LLM, che comporta l’applicazione di modelli e conoscenze appresi per produrre risposte o previsioni pertinenti. Gli attacchi progettati per interrompere il servizio, esaurire le risorse finanziarie del bersaglio o persino rubare la proprietà intellettuale clonando il comportamento di un modello dipendono tutti da una classe comune di vulnerabilità di sicurezza per avere successo. Il consumo illimitato si verifica quando un’applicazione LLM consente agli utenti di effettuare inferenze eccessive e incontrollate, con conseguenti rischi quali denial of service (DoS), perdite economiche, furto di modelli e degrado del servizio. Le elevate esigenze computazionali degli LLM, specialmente negli ambienti cloud, li rendono vulnerabili allo sfruttamento delle risorse e all’uso non autorizzato.

In sintesi, il context engineering richiede una postura “zero‑trust” verso tutto ciò che entra nel prompt e tutto ciò che esce verso sistemi a valle. Tratta fonti e output come non fidati, applica il principio del minimo privilegio a dati e strumenti, e misura continuamente ciò che accade. La sezione 3.7 traduce questi principi in controlli concreti da implementare nella tua pipeline.

Strategie di mitigazione e best practice

Per affrontare queste minacce, è necessario un approccio alla sicurezza “by design”.

  • Sicurezza della pipeline di ingestione (RAG): la prima linea di difesa è la pipeline di dati. È fondamentale implementare la validazione delle fonti, la sanificazione degli input per rimuovere script o comandi dannosi, e utilizzare protocolli di trasferimento sicuri e crittografati.
  • Controllo degli accessi e minimo privilegio: gli LLM e i suoi agenti devono essere trattati come utenti non attendibili. Devono operare secondo il principio del minimo privilegio, avendo accesso solo ai dati e agli strumenti strettamente necessari per il loro compito. L’accesso dovrebbe essere gestito tramite Role-Based Access Control (RBAC).
  • Integrazione sicura degli strumenti: l’uso di strumenti esterni deve essere rigorosamente controllato. Protocolli come MCP abilitano principi di sicurezza, come il consenso esplicito dell’utente per l’esecuzione di azioni e l’accesso ai dati. Le credenziali, come le chiavi API, dovrebbero essere effimere e con ambiti ristretti, evitando l’uso di chiavi statiche.
  • Monitoraggio e risposta in tempo reale: è essenziale implementare un monitoraggio continuo del comportamento degli agenti, registrando input, output e chiamate agli strumenti. Piattaforme di osservabilità possono rilevare anomalie e attivare risposte automatiche, come la revoca di token o l’isolamento di un servizio.

Il toolkit del praticante e l’impatto nel mondo reale

Dalla teoria alla pratica: l’implementazione di strategie di context engineering è facilitata da framework specializzati e ha già dimostrato un valore di business misurabile in numerosi settori.

Framework per l’implementazione: LangChain vs. LlamaIndex

Due framework open-source dominano l’ecosistema per la costruzione di applicazioni basate sul context engineering, ciascuno con un focus e punti di forza distinti.

  • LlamaIndex: questo framework eccelle nelle attività di ricerca e recupero, posizionandosi come lo strumento di elezione per applicazioni data-intensive. Le sue astrazioni principali sono costruite attorno alla pipeline RAG: connettori dati per l’ingestione, indicizzazione per la creazione di database vettoriali e il QueryEngine per orchestrare il recupero e la sintesi delle risposte. È la scelta ideale quando la sfida principale è connettere efficacemente gli LLM a fonti di conoscenza esterne, complesse e di grandi dimensioni.
  • LangChain: si presenta come un framework più generalista, progettato per costruire una gamma più ampia di applicazioni LLM, in particolare quelle agentiche. I suoi componenti principali sono le “chains” per la sequenza di chiamate, la memoria per la gestione dello stato e gli “agents” che utilizzano gli LLM come motore di ragionamento per decidere quali strumenti invocare. È la soluzione preferita per la costruzione di flussi di lavoro complessi e multipasso e di agenti autonomi.

Sebbene inizialmente distinti, i due framework stanno convergendo a livello di funzionalità: LlamaIndex ha aggiunto capacità agentiche avanzate e LangChain ha potenziato le sue funzionalità di ingestione e indicizzazione dei dati. La scelta tra i due dipende spesso dalla natura primaria dell’applicazione: se è incentrata sui dati (favorendo LlamaIndex) o incentrata sull’agente e sul workflow (favorendo LangChain).

Context engineering in azione: casi di studio quantificabili

L’adozione del context engineering non è un esercizio accademico, ma una leva strategica che produce un valore di business tangibile e misurabile.

  • Ingegneria del software: presso Microsoft, l’implementazione di assistenti di codifica AI dotati di contesto sul progetto e sull’architettura software ha portato a un aumento del 26% delle attività completate e a una riduzione del 65% degli errori nel codice generato.
  • E-commerce e retail: i sistemi di raccomandazione che sfruttano la cronologia di navigazione, lo stato dell’inventario e i dati sulla stagionalità hanno registrato un miglioramento di 10 volte nel tasso di successo delle offerte personalizzate e un aumento misurabile delle conversioni.
  • Servizi finanziari: i bot di consulenza finanziaria che integrano i portafogli degli utenti e i dati di mercato in tempo reale hanno ridotto la frustrazione degli utenti del 40% rispetto ai sistemi precedenti.
  • Supporto clienti: i chatbot che recuperano automaticamente i dettagli dell’account e la cronologia dei ticket riducono i tempi di gestione e migliorano i punteggi di soddisfazione. Nel settore assicurativo, Five Sigma ha riportato una riduzione dell’80% degli errori nella gestione dei sinistri e un aumento del 25% della produttività degli addetti.
  • Metriche di Adozione Enterprise 2024-2025: l’ecosistema del Context Engineering ha raggiunto una massa critica significativa a livello enterprise. I dati di adozione mostrano una crescita dell’800% nell’uso di framework RAG enterprise-ready, mentre la standardizzazione attraverso MCP ha ridotto i tempi di integrazione di nuove fonti dati del 60-70%. La combinazione di context engineering e sistemi agentici ha portato a un aumento medio del ROI del 340% nelle implementazioni enterprise documentate nel primo trimestre 2025.

Questi dati dimostrano in modo inequivocabile che il context engineering è la chiave per trasformare i prototipi di AI in infrastrutture business-critical.

Sfide e orizzonti futuri

Nonostante i suoi successi, il context engineering è una disciplina in evoluzione che affronta sfide complesse e apre nuove frontiere di ricerca. La comprensione di questi ostacoli è fondamentale per costruire la prossima generazione di sistemi AI.

Il problema del “Context Rot”: quando l’abbondanza diventa un problema

Una delle sfide più critiche e controintuitive è emersa con l’avvento di finestre di contesto sempre più grandi, che raggiungono milioni di token. Mentre l’industria ha promosso l’idea che finestre più ampie risolvano i problemi di contesto, una ricerca recente di Chroma ha introdotto il concetto di “Context Rot” (degrado del contesto). Questa ricerca dimostra che le prestazioni degli LLM non sono uniformi e si degradano in modo significativo all’aumentare della lunghezza dell’input, anche in compiti molto semplici. Le scoperte principali di questo studio includono:

  • Prestazioni inaffidabili: la maggior parte dei modelli mostra degradazione significativa al 25% di profondità nel contesto, con performance ridotte al 50% a 32K token per 10 dei 12 modelli testati. Anche modelli più grandi come Qwen3-235B, pur resistendo meglio al degrado, non lo eliminano completamente, mostrando comportamenti erratici in contesti molto lunghi.
  • Fattori di degrado: la capacità del modello di trovare un’informazione specifica (“ago del pagliaio”) è influenzata non solo dalla sua presenza, ma anche dalla similarità semantica con la query, dalla presenza di informazioni “distrattori” e persino dalla coerenza logica del testo circostante.

Questa scoperta ribalta la narrazione comune. La promessa di una finestra di contesto da un milione di token era di poter “buttare dentro tutto” e lasciare che il modello se la cavasse. La realtà, invece, è che il modello si perde, si distrae e le sue prestazioni diventano imprevedibili. Una finestra di contesto più ampia non è una soluzione di per sé; anzi, può peggiorare il problema creando uno “spazio di ricerca” più vasto e rumoroso per il meccanismo di attenzione del modello.

Questo eleva l’importanza del context engineering da una best practice a una necessità assoluta. La soluzione non è semplicemente più contesto, ma un contesto meglio ingegnerizzato. Tecniche come la prioritizzazione delle informazioni critiche, la sintesi della cronologia meno importante, il filtraggio dei distrattori e la strutturazione del prompt per guidare l’attenzione del modello diventano fondamentali. Il futuro dell’AI non è una corsa verso finestre di contesto infinite, ma una competizione per sviluppare tecniche di context engineering più sofisticate che possano fare un uso ottimale del contesto disponibile, indipendentemente dalla sua dimensione. L’attenzione deve spostarsi dalla quantità alla qualità e struttura del contesto.

Sfide aperte e mitigazioni

Oltre al “Context Rot”, i praticanti del context engineering affrontano diverse altre sfide significative:

  • Context poisoning e distraction: l’introduzione di informazioni irrilevanti, errate o malevole nel contesto può deviare il ragionamento del modello. Le strategie di mitigazione includono filtri di rilevanza più robusti e sistemi di recupero che valutano la qualità della fonte.
  • Sicurezza e privacy: la gestione di dati sensibili degli utenti nel contesto richiede protocolli di anonimizzazione e archiviazione sicura. Il “prompt injection”, in cui un utente malintenzionato inserisce istruzioni nascoste, rimane un vettore di attacco critico.
  • Valutazione: misurare la “qualità” di un contesto è intrinsecamente difficile. Sono necessari nuovi benchmark e framework di valutazione per quantificare oggettivamente la pertinenza del contesto e il suo impatto sulle prestazioni del modello.
  • Compressione della memoria: trovare metodi di sintesi che riducano la lunghezza della cronologia senza perdere dettagli critici o sfumature importanti è un’area di ricerca attiva.

Il futuro del context engineering

La disciplina è in rapida evoluzione, con diverse tendenze emergenti che ne stanno plasmando il futuro:

  • RAG attivo e multimodale: i sistemi RAG stanno diventando più proattivi. L’“Active RAG” non si limita a recuperare informazioni, ma impara e decide autonomamente quando e cosa recuperare. Inoltre, il “Multimodal RAG” sta estendendo il recupero oltre il testo per includere immagini, video e audio, consentendo ai modelli di ragionare su diversi tipi di dati contemporaneamente.
  • L’ascesa degli small language models (SLM) specializzati: per molti compiti ripetitivi e circoscritti all’interno di un workflow agentico, un LLM generalista di grandi dimensioni è eccessivo in termini di costi e latenza. Il futuro si sta orientando verso sistemi eterogenei in cui un LLM orchestratore principale delega sotto-compiti a SLM più piccoli, veloci, economici e specializzati (spesso tramite fine-tuning), ciascuno operante con il proprio contesto ingegnerizzato su misura. Il limite per SLM è stato stabilito dalla comunità a 5 miliardi di parametri, con la famiglia Phi-3-mini che ha raggiunto la leadership nell’accuratezza a settembre 2025. Con oltre 1 milione di modelli gratuiti ora disponibili su HuggingFace, la distillation è diventata la tecnica dominante per creare SLM specializzati.
  • Formalizzazione della disciplina: il context engineering sta passando da un insieme di tecniche ad-hoc a una disciplina ingegneristica formale. La comparsa di indagini accademiche complete, framework standardizzati e ruoli professionali dedicati (“context engineer”) ne sono la prova. Il campo sta sviluppando una roadmap tecnica e un framework unificato per guidare la costruzione della prossima generazione di intelligenza artificiale, un’intelligenza che non solo calcola, ma “comprende”.

Letture per approfondire

Per i lettori che desiderano approfondire la ricerca scientifica alla base del context engineering e delle tecnologie correlate, la seguente selezione di pubblicazioni da ArXiv offre un punto di partenza autorevole.

Pubblicazioni fondamentali sul RAG (Retrieval-Augmented Generation)

  • Titolo: “Retrieval-Augmented Generation for knowledge-intensive NLP Tasks” (2020)
    • Autori: Patrick Lewis, Ethan Perez, et al.
    • ID ArXiv: 2005.11401
    • Sintesi: questo è il paper iniziale che ha introdotto formalmente il framework RAG. Gli autori propongono un metodo di fine-tuning general-purpose che combina un modello pre-addestrato (memoria parametrica) con un meccanismo di recupero da un corpus esterno come Wikipedia (memoria non-parametrica). Il lavoro dimostra che i modelli RAG ottengono risultati all’avanguardia in compiti di Question Answering open-domain, generando al contempo risposte più fattuali, specifiche e diversificate rispetto ai modelli basati sulla sola memoria parametrica.
  • Titolo: “Retrieval-Augmented Generation for AI-Generated content: a survey” (2024)
    • Autori: Penghao Zhao, Hailin Zhang, et al.
    • ID ArXiv: 2402.19473
    • Sintesi: questa survey completa esamina gli sforzi esistenti per integrare la tecnica RAG in scenari di generazione di contenuti tramite AI (AIGC). Gli autori classificano le fondamenta del RAG in base a come il retriever aumenta il generatore, distillando le astrazioni fondamentali delle metodologie di aumento. Il paper riassume anche metodi di miglioramento aggiuntivi, introduce i benchmark per la valutazione e discute le limitazioni e le direzioni future.
  • Titolo: “Retrieval-Augmented Generation: a comprehensive survey of architectures, enhancements, and robustness frontiers” (2025)
    • Autori: Chaitanya Sharma, et al.
    • ID ArXiv: 2506.00054
    • Sintesi: questa pubblicazione offre una sintesi completa dei recenti progressi nei sistemi RAG, proponendo una tassonomia che categorizza le architetture in design centrati sul retriever, sul generatore, ibridi e orientati alla robustezza. Analizza sistematicamente i miglioramenti nell’ottimizzazione del recupero, nel filtraggio del contesto e nel controllo della decodifica, evidenziando i compromessi ricorrenti tra precisione del recupero e flessibilità della generazione.
  • Titolo: “A survey of context engineering for large language models” (2025)
    • Autori: Lingrui Mei, Jiayu Yao, et al.
    • ID ArXiv: 2507.13334
    • Sintesi: questa monumentale indagine (166 pagine, oltre 1400 citazioni) introduce il context engineering come una disciplina formale che va oltre il semplice design dei prompt. Propone una tassonomia completa che scompone il campo nei suoi componenti fondamentali (recupero, elaborazione e gestione del contesto) e nelle implementazioni di sistema (RAG, sistemi di memoria, ragionamento integrato con strumenti e sistemi multi-agente). Il lavoro non solo stabilisce una roadmap tecnica, ma identifica anche un “research gap” critico: l’asimmetria tra la notevole capacità dei modelli di comprendere contesti complessi e la loro limitata abilità nel generare output altrettanto sofisticati.

L’Evoluzione verso sistemi agentici e agentic RAG

  • Titolo: “Agentic Retrieval-Augmented generation: a survey on agentic RAG” (2025)
    • Autori: Aditi Singh, Abul Ehtesham, et al.
    • ID ArXiv: 2501.09136
    • Sintesi: questa survey esplora l’agentic RAG, un paradigma che supera i limiti dei sistemi RAG tradizionali integrando agenti AI autonomi nella pipeline. Questi agenti utilizzano pattern di progettazione agentica (riflessione, pianificazione, uso di strumenti e collaborazione multi-agente) per gestire dinamicamente le strategie di recupero e adattare i flussi di lavoro. Il paper fornisce una tassonomia dettagliata delle architetture di agentic RAG, ne evidenzia le applicazioni chiave e discute le strategie di implementazione.
  • Titolo: “Agentic AI needs a systems theory” (2025)
    • Autori: Erik Miehling, Karthikeyan Natesan Ramamurthy, et al.
    • ID ArXiv: 2503.00237
    • Sintesi: questo position paper sostiene che lo sviluppo attuale dell’AI agentica richiede una prospettiva più olistica e sistemica per comprenderne appieno le capacità e mitigare i rischi emergenti. Gli autori argomentano che l’attenzione eccessiva sulle capacità dei singoli modelli ignora il comportamento emergente più ampio, portando a una sottovalutazione delle vere capacità e dei rischi associati ai sistemi agentici.
  • Titolo: “Multi-level value alignment in agentic AI systems: survey and perspectives” (2025)
    • Autori: Wei Zeng, et al.
    • ID ArXiv: 2506.09656
    • Sintesi: con l’evoluzione dell’AI verso sistemi agentici, l’allineamento dei valori diventa cruciale. Questa indagine esamina l’allineamento dei valori nei sistemi multi-agente basati su LLM, proponendo una gerarchia di principi di valore a livello macro, meso e micro. Il lavoro analizza sistematicamente i metodi di allineamento e valutazione, la coordinazione dei valori tra più agenti e delinea le future direzioni di ricerca in questo campo.

Articoli web di riferimento

Concetti chiave e architetture

  • Spiegazione dell’architettura RAG (AWS)
    Una guida chiara e dettagliata fornita da Amazon Web Services che illustra i passaggi fondamentali di una pipeline RAG, dalla preparazione dei dati alla generazione della risposta.
    https://aws.amazon.com/what-is/retrieval-augmented-generation
  • Context rot, research by Chroma

La ricerca originale di Chroma che ha introdotto e analizzato il concetto di “degrado del contesto” (context rot), dimostrando come le prestazioni degli LLM diminuiscano con l’aumentare della lunghezza dell’input. https://research.trychroma.com/context-rot

Framework e standard di settore

  • Confronto tra LangChain e LlamaIndex (Datacamp)

Un’analisi comparativa dei due principali framework per lo sviluppo di applicazioni basate su LLM, evidenziandone i punti di forza e i casi d’uso ideali.
https://www.datacamp.com/blog/langchain-vs-llamaindex

Applicazioni e impatto nel mondo reale

Sicurezza

  • Spiegazione delle vulnerabilità OWASP Top 10 per LLM 2025 (OWASP)
    Una guida dettagliata alle 10 principali minacce alla sicurezza per le applicazioni basate su LLM del 2025.
    https://genai.owasp.org/
  • Analisi del data poisoning nelle pipeline RAG (Promptfoo)
    Un’analisi approfondita delle tecniche di “avvelenamento dei dati” specifiche per i sistemi RAG e delle strategie per mitigarle.
    https://www.promptfoo.dev/blog/rag-poisoning/
  • EchoLeak, la vulnerabilità “Zero-Click” in M365 Copilot (The Hacker News)
    Un articolo che descrive un attacco reale (EchoLeak) che ha sfruttato le vulnerabilità nel recupero del contesto per esfiltrare dati sensibili, evidenziando i rischi concreti. https://thehackernews.com/2025/06/zero-click-ai-vulnerability-exposes.html

Glossario

ANN (Approximate Nearest Neighbor)
Algoritmo che trova vettori “sufficientemente vicini” in uno spazio ad alta dimensionalità, sacrificando una minima accuratezza per ottenere velocità di ricerca molto superiori rispetto alla ricerca esaustiva.

Agentic AI
Sistemi AI che agiscono come agenti autonomi, capaci di pianificare, utilizzare strumenti, mantenere memoria e prendere decisioni per raggiungere obiettivi complessi attraverso sequenze di azioni.

Augmentation (nel RAG)
Processo di arricchimento del prompt originale con informazioni contestuali recuperate da fonti esterne, creando un input più ricco e informativo per il modello linguistico.

BM25
Algoritmo di ranking lessicale basato su bag‑of‑words; usa vettori sparsi (TF‑IDF) e punteggi di similarità testuale.

Chunking
Processo di suddivisione di documenti lunghi in frammenti più piccoli e semanticamente coerenti, ottimizzati per il recupero e l’inserimento nella finestra di contesto di un LLM.

Context rot (degrado del contesto)
Fenomeno per cui le prestazioni di un LLM si degradano significativamente quando la finestra di contesto diventa molto lunga, anche per compiti semplici, a causa della perdita di attenzione su parti specifiche dell’input.

Context window (finestra di contesto)
Limite massimo di token che un modello linguistico può elaborare in una singola interazione, determinando quante informazioni possono essere fornite contemporaneamente.

Cosine similarity
Metrica che misura la similarità tra due vettori calcolando il coseno dell’angolo tra di essi. Valori vicini a 1 indicano alta similarità, valori vicini a 0 indicano ortogonalità.

Dense embeddings
Rappresentazioni vettoriali del testo a bassa dimensionalità (256–1536 dimensioni, talvolta qualche migliaio) dove la maggior parte degli elementi sono non nulli. Catturano il significato semantico e sono generate da modelli neurali.

Embedding
Rappresentazione numerica vettoriale di testo, immagini o altri dati che cattura le relazioni semantiche. Elementi simili hanno vettori vicini nello spazio multidimensionale.

Euclidean distance
Metrica di distanza che misura la distanza in linea retta tra due punti nello spazio n-dimensionale. Sensibile sia alla direzione che alla magnitudine dei vettori.

Fine-tuning
Processo di aggiornamento dei parametri interni di un modello pre-addestrato continuando l’addestramento su un dataset specifico per un dominio particolare.

Graph RAG
Variante avanzata del RAG che utilizza Knowledge Graph per recuperare non solo testi isolati, ma sotto-grafi di entità e relazioni interconnesse, fornendo contesto più strutturato.

Grounding (ancoraggio)
Processo di collegamento delle risposte di un LLM a informazioni fattuali verificabili da fonti esterne, riducendo le allucinazioni e aumentando l’affidabilità.

HNSW (Hierarchical Navigable Small World)
Algoritmo avanzato per la ricerca di vettori simili che costruisce una struttura a grafo multilivello per navigare efficacemente nello spazio vettoriale.

Hallucination (Allucinazione)
Generazione di informazioni false, inaccurate o inventate da parte di un LLM, presentate come fossero fatti reali o verificabili.

Inferenza
Processo di utilizzo di un modello AI addestrato per generare predizioni o risposte su nuovi dati di input, senza modificare i parametri del modello.

IVF (Inverted File)
Metodo di indicizzazione che partiziona lo spazio vettoriale in cluster predefiniti per accelerare la ricerca di similarità, ignorando la maggior parte del dataset durante le query.

Knowledge graph (grafo di conoscenza)
Struttura dati che rappresenta la conoscenza come una rete di nodi (entità) e archi (relazioni), permettendo ragionamento complesso su connessioni multi-hop.

LLM (Large Language Model)
Modello di intelligenza artificiale addestrato su enormi quantità di testo per comprendere e generare linguaggio naturale in modo simile agli umani.

MCP (Model Context Protocol)
Standard aperto che definisce come i modelli AI si connettono e interagiscono con fonti di dati e strumenti esterni, simile a una “porta USB per applicazioni AI”.

Multi-hop reasoning
Capacità di rispondere a domande complesse che richiedono di attraversare multiple relazioni o connessioni logiche per arrivare alla risposta finale.

OWL (Web Ontology Language)
Linguaggio standard per definire ontologie e modelli formali di conoscenza, basato su RDF, che permette ragionamento inferenziale automatico.

Prompt engineering
Arte e scienza di creare input specifici (prompt) per ottenere risposte desiderate da un modello linguistico all’interno di singole interazioni.

Prompt injection
Attacco di sicurezza dove un utente malintenzionato inserisce istruzioni nascoste per sovvertire il comportamento previsto di un sistema AI.

Query engine
Componente che orchestra il processo di recupero delle informazioni e sintesi delle risposte in un sistema RAG, gestendo l’interazione tra retriever e generatore.

RAG (Retrieval-Augmented Generation)
Architettura che combina il recupero di informazioni da fonti esterne con la generazione di testo, permettendo agli LLM di accedere a conoscenza aggiornata e specifica.

RDF (Resource Description Framework)
Modello di dati fondamentale per il web semantico che rappresenta la conoscenza come triple soggetto-predicato-oggetto.

Retriever
Componente di un sistema RAG responsabile della ricerca e recupero di informazioni rilevanti da una base di conoscenza basandosi sulla similarità semantica.

Sparse embeddings
Rappresentazioni vettoriali ad alta dimensionalità dove la maggior parte degli elementi è zero. Eccellono nella corrispondenza esatta di parole chiave ma faticano con sinonimi.

SPARQL
Linguaggio di interrogazione standard per grafi RDF, analogo a SQL per database relazionali, che permette query complesse su knowledge graph.

TF-IDF (Term Frequency-Inverse Document Frequency)
Tecnica statistica che valuta l’importanza di una parola in un documento rispetto a una collezione di documenti, utilizzata per creare embedding sparsi.

Token
Unità minima di testo processata da un modello linguistico, che può essere una parola, parte di parola, o carattere, a seconda del metodo di tokenizzazione.

Vector database (database vettoriale)
Database specializzato nell’archiviazione e ricerca efficiente di embedding vettoriali, ottimizzato per operazioni di similarità semantica.

Vector store
Sistema di storage che mantiene embedding vettoriali insieme ai loro metadati, permettendo ricerche di similarità rapide e scalabili.

Workflow engineering
Disciplina che progetta sequenze logiche di operazioni per compiti complessi multipasso, dove ogni fase ha una propria finestra di contesto ottimizzata.


[1] https://abvijaykumar.medium.com/context-engineering-1-2-getting-the-best-out-of-agentic-ai-systems-90e4fe036faf

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