La nuova Legge italiana sull’intelligenza artificiale (Legge 23 settembre 2025, n. 132) già ampiamente commentata su queste colonne. Molto si è detto, relativamente alla nuova Legge, sui nuovi reati come quello di deepfake e sugli obblighi che la stessa pone per i professionisti che però, come dirò, sembrerebbero riguardare una categoria ben più ampia di quelle che sono state individuate nei primi commenti a caldo. Vediamo gli impatti.
Legge AI, le professioni nel perimetro normativo
La Legge, all’art. 13, pone due specifici obblighi che riguardano le attività professionali: in primo luogo quello di utilizzare l’intelligenza artificiale solo per attività strumentali e di supporto, mantenendo la prevalenza del lavoro intellettuale nella prestazione resa al cliente; in secondo luogo quello di comunicare al “soggetto destinatario della prestazione” le “informazioni” relative ai sistemi di intelligenza artificiale con linguaggio chiaro, semplice ed esaustivo.
Ad una prima lettura della norma il termine “professioni” utilizzato per indicare i destinatari di teli obblighi potrebbe essere frainteso, facendo pensare che i destinatari di tali obblighi siano esclusivamente i liberi professionisti come avvocati, architetti, commercialisti, giornalisti, ingegneri, medici, notai e tutte quelle per il cui esercizio è necessario iscriversi ad un ordine professionale.
In realtà la norma parla non di libere professioni ma di “professioni intellettuali”: si tratta di una cosa molto diversa e che amplia di molto la platea dei destinatari degli obblighi rispetto ai soli liberi professionisti.
Cosa sono le professioni intellettuali
Il termine “professioni intellettuali” è un rimando diretto alla disciplina del Codice Civile relativa al c.d. “contratto d’opera”. Il contratto d’opera è disciplinato dagli articoli 2222 e seguenti del Codice civile italiano. Definisce l’accordo con cui una persona (prestatore d’opera) si impegna a realizzare un’opera o a fornire un servizio per un’altra parte (committente), in cambio di un corrispettivo e utilizzando prevalentemente il proprio lavoro, senza essere subordinata. È un contratto che non richiede formalmente la forma scritta, ma è essenziale per distinguere il lavoro autonomo da quello subordinato, grazie alla mancanza di un vincolo di dipendenza.
Il contratto d’opera è quello che viene applicato a qualsiasi prestazione “professionale” e il termine professione intellettuale è applicabile anche alla prestazione di questo tipo che venga resa con organizzazione societaria. Una società di consulenza, se lavora su incarico, applica il contratto d’opera. Non così invece se la prestazione viene resa quale “appaltatore” nell’ambito di un contratto di appalto.
Il prestatore che esercita la propria opera con prevalenza della componente intellettuale è un “professionista intellettuale”.
Professioni intellettuali, i nuovi obblighi con la legge AI
Fatte queste premesse, si capisce che la nuova Legge sembra intendere come destinatari dell’obbligo tutti i prestatori di opera intellettuale che non siano dipendenti e lavorino, in forma individuale o societaria, tramite partita IVA, anche se la prestazione nel cui ambito è usata l’intelligenza artificiale viene resa da una società e anche se il regime è quello di collaborazione coordinata e continuativa, come spesso avviene in ambito IT.
Le informazioni sull’uso dell’IA vanno comunicate al “destinatario della prestazione” che potrebbe essere anche un soggetto diverso dal “cliente”. Una società potrebbe servirsi di fornitori/professionisti che rendono la loro prestazione mediante contratto d’opera e il destinatario della prestazione potrebbe dunque essere il cliente della società che, a sua volta, è cliente del professionista.
L’esempio: la professione di programmatore
Pensiamo, ad esempio, a un programmatore che – se opera come freelance – tipicamente usa il contratto d’opera quando viene richiesto di sviluppare software: la programmazione è certamente una opera intellettuale perché il programma è un oggetto creativo protetto da diritto d’autore; nel caso in esempio, la nuova Legge impone al programmatore che voglia fare attività di coding utilizzando l’IA, anzitutto di informare il proprio cliente e, in secondo luogo, vieta di realizzare il programma con prevalente apporto dell’IA, il cui uso è consentito solo per attività di supporto.
A proposito di quest’ultimo obbligo si rileva una disparità rispetto a servizi automatizzati che offrano consulenza realizzata esclusivamente tramite IA senza passare per un consulente “umano”: in questo caso non vi è un “professionista intellettuale” destinatario dell’obbligo e ciò potrebbe esentare il servizio in questione – che sarà probabilmente contrattualizzato sulla base di un contratto di somministrazione o di appalto di servizi – dal rispetto dell’obbligo di prevalente apporto umano.
L’obbligo di informativa sull’uso dell’AI
Anche l’ulteriore obbligo di informativa desta molta confusione perché non è chiaramente specificaot quali siano le informazioni da comunicare al cliente: basta dire che si potrebbero usare sistemi di intelligenza artificiale nello svolgimento della prestazione? Probabilmente no: la Legge prescrive di comunicare le informazioni “relative ai sistemi di intelligenza artificiale” e di farlo “in modo esaustivo”. Personalmente ritengo che sia corretto fare un rimando al sito web e ai termini e condizioni del sistema IA utilizzato nell’ambito del contratto/lettera d’incarico tra professionista e cliente.
Non mi pare invece sussistere l’obbligo di comunicare esattamente per cosa verrà utilizzata l’IA, anche se – il più delle volte – obblighi di trasparenza vengono imposte proprio dal fornitore dei sistemi di IA: nel caso in cui l’output sia distribuito a terzi occorre spesso specificare chiaramente che lo specifico output è stato realizzato con IA.
Le sanzioni previste
E’ lecito domandarsi quali siano le sanzioni in caso gli obblighi previsti dalla nuova norma vengano violati e chi è responsabile di vigilare.
L’Autorità competente sembrerebbe essere l’ACN (Agenzia Cybersicurezza Nazionale) in quanto competente alle “attività ispettive e sanzionatorie” di quanto previsto dalla normativa nazionale. In questo caso, però, non si rinviene una specifica sanzione amministrativa che l’ACN potrebbe applicare in caso di violazione.
Nemmeno la nuova Legge prevede che il contratto d’opera sia nullo in caso non si rispettino gli obblighi di informativa e di prevalenza dell’apporto intellettuale umano.
Gli obblighi previsti dalla nuova Legge sembrano tuttavia stabilire uno standard di “qualità” minima della prestazione: se, dunque, vi fossero contestazioni alla prestazione da parte del cliente, probabilmente questi potrebbe non accettarla e richiedere indietro il corrispettivo in quanto non sono stati rispettati i suddetti obblighi. Quest’ultima sembra essere la vera “sanzione” implicita nei nuovi obblighi.


















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